L’ invio di rinforzi a Leyte indebolì sensibilmente le forze della 14° armata stazionata a Luzon.
La condizione di netta inferiorità numerica e materiale rispetto alle forze alleate, indusse il suo comandante, il Gen Tomoyuki Yamashita, soprannominato la “Tigre della Malesia” per aver condotto la conquista di Singapore e della Malesia nel 1941-42, ad optare per una strategia difensiva prolungata, con l’ obiettivo di ritardare il più possibile la riconquista americana dell’ isola principale dell’ arcipelago filippino, imponendo una lunga battaglia di attrito.. Sostanzialmente la strategia di Yamashita era quella di ripiegare e trincerare i 262.000 uomini ai suoi ordini. Questi erano stati suddivisi in tre gruppi: il gruppo Shobu, sotto il suo diretto comando, forte di 152.000 uomini, situato nell’ area settentrionale di Luzon; il gruppo Kembu, con 30.000 uomini, nel complesso della base aerea di Clark, nella penisola di Bataan e a Corregidor, teatri dell’ ultima resistenza americana nel 1942. Infine il gruppo Shimbu, con 80.000 uomini, nel settore meridionale di Luzon, area che comprendeva la penisola di Bilocol e le montagne ad est di Manila, in cui erano situati i bacini idrici che fornivano l’ acqua alla capitale filippina. Yamashita ipotizzava di usare la 2° divisone corazzata per ritardare gli americani in modo da consentire la ritirata delle altre forze. L’ unita risultava seriamente indebolita. Priva del suo 1° rgt aveva perso numerosi carri, affondati durante il trasporto da ripetuti attacchi dei sommergibili americani. Due compagnie erano state inviate a Leyte come rinforzo. Pertanto dovette utilizzare i vecchi carri medi Type 89 rimasti a Luzon dopo la sua conquista nel 1942.
Il 09/01/1945 le forze americane sbarcarono a Lingayen, sfondando la linea di resistenza nipponica. Yamashita ordinò al 7° rgt carri di condurre un contrattacco contro la testa di ponte americana. Il reggimento contava una compagnia corazzata ed un battaglione di fanteria motorizzata. Nell’ avanzata notturna verso la testa di ponte cadde in una imboscata americana e subì forti perdite per il fuoco dei cannoni anticarro. La mattina successiva i carri Sherman M4 attaccarono i mezzi nipponici ad Urdaneta. Il pezzo da 47 mm dei carri giapponesi risultava efficace contro la corazzatura laterale e posteriore degli M4 a distanza ravvicinata. Un plotone della 3° compagnia del reggimento riuscì a distruggere due M4 in una imboscata lungo la strada per Urdaneta. Ma la reazione americana ne comportò la totale distruzione. Un tentativo di aggiramento da parte di altri veicoli della 3° compagnia venne bloccato dal fuoco degli M4 e della fanteria di accompagnamento, costringendoli alla ritirata, con la perdita di un carro comando. Quando il 7° reggimento si ritirò su San Manuel disponeva ancora di soli 33 veicoli che vennero interrati in posizione difensiva a ventaglio. L’ artiglieria americana li bersagliò per cinque giorni di fila. Il 26 gennaio una forza di 16 M4 si avvicinò alla linea difensiva nipponica ed iniziò a bombardarla da distanza di sicurezza, ben attenta a non esporre le fiancate dei veicoli. I carri nipponici vennero distrutti uno dopo l’ altro e alla sera del 27 gennaio ne sopravvivevano solo 7. Venne lanciato un attacco suicida in cui perirono sia il comandante di Brigata, Shigemi che il comandante di reggimento, Maeda.
Il 10° reggimento corazzato aveva inviato la sua 5° compagnia a Baglio, sede del QG di Yamashita e la 1° compagnia a Leyte. La 3° compagnia era schierata a Lupao ed il resto del reggimento a San Isidro. Il 31 gennaio il reggimento subì un duro attacco aereo da parte di velivoli della marina americana, subendo pesanti perdite. Ricevette poi l’ ordine di ritirata dalla divisione e avanzò su San Josè. Ma venne bloccato dalle forze americane. Pertanto il comandante di reggimento decise di abbandonare i carri e di ritirarsi a piedi con gli equipaggi. La 3° compagnia venne circondata a Lupao e subì diversi attacchi di formazioni di M4. Il 7 febbraio riuscì a sottrarsi all’ accerchiamento e a ripiegare su Baglio, perdendo però la totalità dei veicoli.
Al momento dello sbarco il 6° reggimento corazzato era schierato nella zona meridionale di Luzon. Si spostò a nord e raggiunse Gonzales il 18 gennaio. Da lì si spostò su Munoz dove stabilì una posizione difensiva. Il 26 Munoz venne bombardata. Il 27 gli americani lanciarono un attacco di fanteria, respinto dal reggimento corazzato. Le forze americane ricorsero, quindi, ad un massiccio bombardamento di artiglieria, riprendendo l’ attacco il 30 gennaio, appoggiando la fanteria con formazioni corazzate. Munoz venne circondata e la componente corazzata del reggimento si era ormai ridotta a 20 veicoli. Il 6 febbraio al reggimento venne impartito l’ ordine di ritirata. Nel tentativo di scivolare dall’ accerchiamento durante la notte l’ unità subì il pesante fuoco americano. Quando riuscì a raggiungere la montagna vicina a S.Josè la forza totale dell’ unità era ridotta a solo il 20% di quella iniziale.
La compagnia corazzata indipendente di Iwashita e la compagnia cannoni semoventi Sumi combatterono al campo di aviazione di Clark assieme al corpo principale del 2° reggimento fanteria mobile della 2° divisione corazzata. Dopo un duro scontro, in cui persero tutti i veicoli corazzati, si ritirarono verso le catene montuose ad ovest.
Nell’ aprile 1945 le forze americane si stavano avvicinando al QG della 14° armata a Banguio. L’ unica forza corazzata a disposizione di Yamashita era la 5° compagnia del 10° reggimento carri, dotata di tre carri medi e due carri leggeri. Dato che i veicoli nipponici non erano in grado di fronteggiare i mezzi americani Yamashita ordinò alla compagna di condurre un attacco suicida. Ad un Type 97 ed ad un Type 95 vennero attaccate due cariche esplosive sul muso dello scafo. Poi vennero nascosti in una macchia di bambù vicino alla strada tra Banguio e Sablan, direttrice della avanzata dei carri statunitensi. Quando una colonna di Sherman svoltò da una curva a circa 100 metri di distanza dal boschetto, i due veicoli nipponici si lanciarono a tutta velocità verso la colonna. Lo Sherman di testa, colto di sopresa, tentò di tornare indietro, ma nel tentativo di svoltare uscì di strada, precipitando nella valle sottostante. I carri nipponici cozzarono con due M4, esplodendo con essi. Gli equipaggi, lanciatisi prima dell’ urto corsero verso le posizioni americane brandendo le katane, la spada dei samurai, venendo falciati dal fuoco americano. L’ attacco suicida ebbe come effetto quello di rallentare per una settimana l’ avanzata americana verso Banguio.
La campagna di Luzon costò alle forze americane 37.000 uomini, di cui quasi 9.000 morti. Particolarmente cruenta fu la battaglia per la riconquista di Manila. Con 800.000 abitanti si trattava del maggiore insediamento urbano del SE Asia. Yamashita aveva ordinato alle forze del gruppo Shimbu di non difenderla, limitandosi a distruggere i ponti e altre installazioni strategiche, per rallentare l’ avanzata americana. Ma i 16.000 fanti di marina agli ordini del contrammiraglio Iwabachi Sanji, rafforzati da alcuni battaglioni dell’ esercito, per un totale di 19.000 soldati, condussero una feroce battaglia casa per casa contro le forze della 1° divisione di cavalleria, della 37°, 8° divisione di fanteria e della 11° aviotrasportata americane.
Protrattasi dal 3 febbraio al 3 marzo 1945 la battaglia, il maggiore scontro urbano nel teatro del Pacifico, costò agli americani 6.500 caduti, di cui quasi 1.100 morti e 12.000 uomini ai giapponesi. Un tributo di sangue elevatissimo venne pagato dalla popolazione civile filippina, con perdite stimate in 100.000 morti. In particolare venne completamente devastata la città vecchia spagnola di Intramuros, costruita nel 16° secolo e dotata di possenti mura in pietra (da cui il nome). L’ ultima resistenza nipponica, continuata sino al 3 aprile del 1945, si incentrò a Fort Drum, un isolotto fortificato a guardia della Baia di Manila. Una squadra di guastatori americani fece colare all’ interno dei bunker un enorme quantitativo di benzina (oltre 3.000 galloni, pari a circa 13.500 litri), facendolo poi detonare con delle cariche esplosive. Non vi fu alcun superstite allo scoppio nella guarnigione giapponese.
La resistenza nipponica a Luzon terminò solo nel settembre 1945, dopo la resa del Giappone. Le forze di Yamashita erano ridotte, a quel punto, a soli 50.000 uomini. In alcuni casi dei soldati nipponici, rimasti isolati ed inconsapevoli della cessazione del conflitto, si arresero solo anni, a volte decine di anni, più tardi. L’ ultimo caso noto fu quello di Hiroo Onoda, arresosi nel 1974!
In totale la campagna delle Filippine costò agli americani 13.500 morti e 48.000 feriti, ossia circa 62.000 uomini. Ai Giapponesi 336.000 morti e 12.000 prigionieri, di cui 81.000 a Leyte, 214.000 a Luzon e 53.000 nelle Filippine Meridionali e Centrali su un totale di circa 430.000 soldati di forza di occupazione.
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2° Div. corazzata |
Ten. Gen. Iwanaka |
200 carri c.a : carri medi Type 97 e 97 migliorati, carri medi Type 89, carri leggeri Type 95, 4 cannoni semoventi da 75 mm Type 1, 20 veicoli pionieri corazzati
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8° compagnia indipendente carri |
Ten. Matsumoto |
11 Type 89
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9° compagnia indipendente carri |
Ten. Nakajima |
11 Type 89 |
Compagnia indipendente carri Iwashita |
Cap. Iwashita |
8 Type 97 migliorati |
Compagnia indipendente cannoni semoventi Sumi |
Cap. Sumi |
2 semoventi Type 4 da 150 mm |
Ordine di battaglia della 2° divisione corazzata:
3° brigata corazzata (Gen Shigemi)
6° rgt corazzato (Col Ida): 1 comp carri leggeri, 3 comp carri medi, 1 compagnia anticarro con carri medi Type 97
7° rgt carri (Col Maeda): idem come 6° rgt – 1 compagnia inviata a Leyte
10° rgt carri (Col Harada): idem come sopra.
Fonti e Bibliografia:
ADRADE DALE – Luzon, 1944-1945, Center of Military History, US ARMY, 1988.
TAKI di A. Takizawa : http://www3.plala.or.jp/takihome
http://www.history.army.mil/brochures/luzon/72-28.htm
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