CENNI STORICI

Nel decennio che precedette la 2° Guerra Mondiale, gli ingegneri tedeschi iniziarono la progettazione di un mezzo anfibio, ma fu solo nel 1940 che esso vide la luce grazie all’Ing. Porsche che modificò un mezzo già esistente: la Kubelwagen. Egli fece impermeabilizzare i pannelli della carrozzeria con listelli di gomma, lo dotò di un’elica ribaltabile a tre pale (posta nella parte posteriore dello scafo) collegata direttamente al motore. Quest’ultima abbassabile manualmente tramite un’asta metallica, permetteva al veicolo di superare piccoli corsi d’acqua. Il nuovo mezzo fu chiamato Schwimmwagen e ne furono costruiti due diversi tipi: il modello 128 e il modello 166 più piccolo del precedente. Del primo modello furono fabbricati solamente 150 esemplari, mentre del secondo 14.276. La Schwimmwagen fu impiegata in principio sul fronte orientale, ma il suo utilizzo si estese, in seguito, in tutta Europa.

 ASSEMBLAGGIO

Per costruire la mia Schwimmwagen 166, ho utilizzato il vecchio kit dell’Italeri e le fotoincisioni dell’Eduard cod.35.008 queste ultime servono per dettagliare solo in parte il modello, il resto deve essere autocostruito. Il mio primo passo è stato quello di forare la zona dove ho collocato le griglie di ventilazione, poi con una lama ho assottigliato i parafanghi. A questo punto ho unito le due parti dello scafo, le quali hanno dovuto subire una buona stuccatura; costruito lo scafo ho iniziato a curare i dettagli, per prima cosa ho tolto le linee di giunzione dei pannelli e quindi le ho ricostruite con plastica stirata. La parte più interessante del modello, dal mio punto di vista, è quella posteriore dove ha sede il gruppo propulsore anfibio, qui ho autocostruito diversi particolari, come le cinghie di fissaggio dell’elica, le chiusure del cofano, vari agganci; tutto questo utilizzando filo di rame di spessori diversi e strisce d’alluminio. In seguito ho costruito la marmitta con del tubo dell’Evergreen, simulando poi la ruggine incrostata testurizzando dello stucco diluito in acetone puro con un vecchio e duro pennello; poi con filo di rame ho ricostruito la barra che serviva per abbassare l’elica. Inoltre ho ricostruito con cartaplastica e avanzi di fotoincisioni, i fermi a pressione per il fissaggio del cavalletto. Anche la cappotta e il suo telaio vanno autocostruiti, ho usato per questo una lamina di piombo opportunamente modellata, il solito filo di rame e delle strisce d’alluminio. Inoltre ho rifatto con filo di stagno del diametro di 1 mm (del tipo usato per saldare i circuiti stampati) i paraurti e le maniglie laterali. Passando agli interni è da notare che il kit ha i sedili posteriori errati, poiché il mezzo originale aveva sul retro due sedili separati come quelli anteriori, invece nel modello appare un sedile unico. Prevedendo di riempire il vano passeggeri con vari caricamenti ed accessori, ho deciso di lasciare il sedile unico, mentre se non si vuole fare la mia stessa scelta, è necessario autocostruirsi due sedili identici a quelli anteriori o più semplicemente cannibalizzandoli da un altro kit. Inoltre è opportuno costruire la piccola cassa vicino al cruscotto, il braccio metallico per la mitragliatrice e lo specchietto retrovisore (per simulare lo specchio si può usare un pezzetto di foglio d’alluminio per alimenti). Ho poi allungato la parte anteriore dello “scafo” interno con un foglio di cartaplastica. Le leve del cambio e del freno a mano le ho fatte con il filo di rame come pure le valvole dell’aria dei pneumatici.

PITTURA

Prima della verniciatura lavo sempre i miei modelli in acqua tiepida e qualche goccia di detersivo liquido per i piatti, aiutandomi poi nella pulizia con un pennello piatto morbido; questo per rimuovere gli eventuali residui siliconici causati dallo stampaggio industriale e per eliminare le inevitabili tracce di grasso causate dalla manipolazione. Asciugato in modo naturale il kit, dò una prima mano di grigio 64 dell’Humbrol ad aerografo, questo per favorire la ricerca d’eventuali difetti e l’aderenza delle successive mani di vernice. A questo punto ho lasciato riposare il modello per almeno 48 ore, dopodiché sempre ad aerografo, ho iniziato a passare i colori base utilizzando lo smalto n° 94 dell’Humbrol, quindi diluendo bene il colore e riducendo la pressione del compressore a 0,4 – 0,5 BAR ho spruzzato i colori n° 150 e n° 113 sempre dell’Humbrol. Una volta asciugati bene i colori base (24-48 ore) ho applicato un lavaggio generale a base di colori ad olio diluiti in trementina usando Terra d’ombra naturale e Terra di Siena bruciata tutti della Winsor & Newton. Le lumeggiature sono state fatte a pennello asciutto schiarendo i rispettivi colori base con del bianco. Per ultimo, ma solo sulle sporgenze maggiori, ho usato il colore n° 71 dell’Humbrol. Poi con i gessetti ho simulato l’inevitabile sporcizia che si deposita sui mezzi operativi, ed infine per imitare nelle zone soggette a continuo sfregamento il metallo naturale, ho usato la polvere di grafite venduta anche nei negozi di ferramenta (è un ottimo lubrificante).